Un verme nematode preistorico è stato risvegliato dopo 46.000 anni passati nel permafrost siberiano. Un evento che affascina e spaventa lo stesso tempo.
Scopriamo di più sul verme nematode preistorico
Il timore nasce probabilmente da tutta una serie di film presentati da Hollywood che ci hanno messo davanti ad animali e insetti preistorici che sviluppati ai giorni nostri hanno messo repentaglio la nostra vita. Il fascino scaturisce dal fatto che ci troviamo davanti a un verme nematode preistorico facente parte di una specie assolutamente nuova.
Nello specifico si tratta di due vermi congelati nel permafrost siberiano trovati nel 2018. Questi sono stati negli anni studiati da una squadra di ricercatori. Attraverso il sequenziamento del genoma e l’analisi filogenetica di uno dei due vermi è stato possibile conoscerne le caratteristiche. La nuova specie, presentata in uno studio pubblicato sulla rivista Plos Genetics, è stata ribattezzata Panagrolaimus kolymaensis.
Studiando i campioni all’interno dei quali i due esemplari di verme nematode preistorico erano contenuti, i ricercatori hanno scoperto che quei depositi ghiacciati, trovati a 40 m sotto la superficie terrestre, non si erano mai scongelati dal tardo pleistocene.
Cosa è la criptobiosi
E chiamata criptobiosi la capacità di questi animali di poter sopravvivere a lungo in uno stato dormiente. Nel tempo sono state seguite diverse analisi su questi invertebrati, scoprendo quali fossero le parti in comune e quelle non in comune con in nematodi conosciuti. Per capire come questi vermi invisibili a occhio nudo siano stati in grado di sopravvivere in criptobiosi così a lungo è stato fatto un confronto con i Caenorhabditis elegans. Esemplari conosciuti per la capacità di vivere a condizioni estreme in uno stadio larvale conosciuto come dauer.
Si è scoperto che in entrambi i casi che a livello biochimico veniva prodotto uno zucchero specifico chiamato trealosio. Si tratta di una reazione derivante dalla disidratazione che potrebbe aiutarli a sopportare il congelamento e quindi la perdita importante di liquidi.
In laboratorio si è provato a vedere quanto le larve di Caenorhabditis elegans fossero in grado di sopravvivere a condizioni estreme. Si è scoperto che sono in grado di sopravvivere per ben 480 giorni a -80 °C senza subire ripercussioni sulla riproduzione o sulla loro vitalità.
Insomma, mettendo da parte momentaneamente scenari catastrofici tipo quelli di Jurassic Park, aver trovato due esemplari di verme nematode preistorico ha reso possibile capire come alcune forme di vita abbiano la capacità di sopravvivere in condizioni davvero estreme. Starà a noi fare tesoro di questi insegnamenti senza utilizzarli in modo sbagliato.