Se non volete essere condannati ad una multa per imbrattamento, quando siete a passeggio con Fido, ricordatevi di portare con voi una bottiglietta di acqua, per pulire l’eventuale pipì che il cane può fare su muri privati, auto o portoni. Per quale ragione? Perchè utilizzando l’acqua dimostrerete di voler ridurre il rischio di danneggiamento dei beni altrui.
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Animali, sentenza storica della Cassazione
Una sentenza storica è stata pronunciata dalla Cassazione che si è espressa in favore di tutti gli animali relativamente al resto punito e previsto dagli articoli 544 bis e ter del codice penale. In particolare la suprema corte ha sancito definitivamente l’applicabilità dei suddetti articoli non solo alle specie d’affezione ma a qualunque animale, anche in presenza di leggi speciali, ad esempio in relazione a circhi, sperimentazione e allevamento. Grande è stato il plauso delle associazioni animaliste, che hanno accolto con gioia la sentenza. In particolare l’Enpa ha commentato:
Randagi uccisi: veterinari condannati in secondo grado
Tempo fa venne alla ribalta della cronaca una brutta storia risalente al 2004, legata all’uccisione da parte di alcuni veterinari dell’Asl dell’Aquila, di nove cuccioli di cane randagi: i veterinari vennero condannati in primo grado e ieri la condanna è stata confermata anche in secondo grado dalla corte d’appello del capolugo abruzzese. La condanna è stata fissata in due mesi e dieci giorni di reclusione. La Corte ha deciso in tal senso applicando l’articolo 544 bis del Codice penale relativo all’uccisione per crudeltà o senza necessità e dell’articolo 110 del Codice penale concorso in piu’ azioni esecutive di uno stesso disegno criminoso.
Cassazione: in caso di necessità non è reato uccidere un animale
La Cassazione ha emesso una sentenza destinata a suscitare scalpore, nonostante sia perfettamente in linea con il diritto. Nel caso in cui sussista un pericolo imminente infatti la suprema corte ha affermato che non è reato uccidere unanimale: è stato così assolto un trentenne di Salò che aveva ucciso un pastore tedesco per evitare che sua moglie e il suo cane venissero aggrediti.
Come ricostruisce la corte, l’uomo aveva agito per respingere l’attacco di un pastore tedesco che stava per aggredire il suo cagnolino e, paventando ceh potesse aggredire anche sua moglie, aveva preso un fucile ed aveva ucciso l’animale. Il caso finiva in Tribunale dove si era ipotizzato il reato previsto e punito dall’art. 638 c.p. che punisce l’uccisione di animali.
Condannato dai giudici di merito il caso finiva in cassazione dove la difesa faceva notare come il ragazzo, nella concitazione del momento e nella paura che il grosso cane potesse aggredire la moglie e il suo cagnolino, aveva sparato agendo in stato di necessità, che nel diritto penale agisce come scriminante e causa di giustificazione.