La Cassazione ancora una volta torna ad occuparsi di animali, questa volta in relazione al risarcimento danni nel caso in cui il cane di casa abbia morsicato una persona estranea. In particolare sa suprema corte si è occupata questa volta di un caso risalente addirittura al 2000, quando un pitbull morsicò un operaio. Il proprietario del cane tuttavia, conscio del carattere irascibile della bestiola, si era premurato di legare il cane alla catena lunga 3 metri e di affiggere il cartello Attenti al Cane.
Nonostante le premure il pitbull morsicò l’uomo che si rivolse al Giudice di pace per chiedere il risarcimento dei danni subiti: in primo grado la ragione venne data alla vittima, con riconoscimento di un danno pari a 2.580 euro, in secondo grado invece il Tribunale diede ragione al proprietario del cane, affermando che il proprietario del pitbull aveva messo in atto tutte le misure possibili per evitare l’attacco dell’animale.
Trasferita la competenza in Cassazione, la terza sezione con la sentenza 9037 ha ribaltato tutto: infatti è stato precisato che per liberarsi dalla responsabilità non è più sufficiente dare la prova di avere usato la comune diligenza nella custodia del’animale, ma il padrone dell’animale avrebbe dovuto provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale, non essendo sufficiente la prova di avere usato la comune diligenza nella custodia dell’animale.