Avere sei gatti che scorrazzano liberi in campagna con i loro spazi è diverso dal farne convivere due in appartamento, tra quattro mura. E’ più semplice, ovviamente. Qualora si detestino, e spesso capita, possono facilmente ignorarsi a vicenda, stringendo alleanze e amicizie a gruppi di due e stando alla larga dagli altri. Adoro i gatti proprio perché, a differenza di quello che spesso si dice a torto sul loro conto, non conoscono l’ipocrisia e l’amicizia affettata al primo impatto tipica degli umani. Hanno le loro antipatie e simpatie manifeste e riescono a cambiare idea con il tempo, diventando amici malgrado la diffidenza iniziale.
L’errore che spesso commettiamo, e nel quale sono caduta anch’io, è credere che situazioni idilliache come quelle della convivenza tra più gatti in spazi aperti possano ricrearsi anche in appartamento. Così credevo di fare la felicità della mia gattina di due mesi, quando due anni fa le presi un compagno per giocare e non sentirsi sola. Rimasi di stucco quando iniziò a ringhiare, ad aggredirlo brutalmente e ad interessarsi a giocattoli che fino al giorno primo snobbava non appena la new entry li sfiorava soltanto. Oggi sono amici per la pelle, inseparabili e quasi non riesco a credere che si siano odiati così tanto. E forse è stata anche colpa mia. Le relazioni tra gatti, infatti, non seguono lo stesso percorso di quelle tra umani: quando un ospite si presenta a casa nostra, gli diamo il benvenuto e non ci sentiamo minacciati dalla sua presenza né tanto meno siamo gelosi se beve da un nostro bicchiere.