Provate a contare i cuccioli nel video? Quanti sono? Impossibile a stabilire! Si muovono tutti, corrono a destra e sinistra, non stanno mai fermi se non quando dormono, rigorosamente tutti insieme, uno sopra l’altro. Questi sedici cuccioli di basenji sono un vero spettacolo per gli occhi, e per il cuore. Ecco un video che mostra alcuni momenti della loro vita in famiglia.
Basenji
Il Basenji, foto della razza
Il Basenji è un cane veramente molto carino, che non molti conoscono, ma che non è raro vedere a passeggio per le strade del nostro paese. Si tratta di una razza originaria dell’Africa, in particolare del Congo, di piccole dimensioni ma dalla forte velocità: pensate che veniva utilizzato per la caccia alla piccola selvaggina e per fiutare la presenza del grandi predatori.
Basenji, il “Cane del Congo”
Il Basenji, come il Dingo, è considerato uno di quei cani che fanno parte delle prime congiunzioni della catena evolutiva che lega il cane al lupo. Iscrizioni egizie risalenti a cinquemila anni fa indicano che esemplari di Basenji venivano portati in dono ai Faraoni dell’Africa centrale. Le prove della loro esistenza scompaiono con la caduta del regno d’Egitto, e il Basenji viene riscoperto nel Congo Belga, attuale Zaire, conosciuto anche come “il saltatore”, per la sua abitudine di balzare nell’erba alta, e anche noto come Cane del Congo.
Esattamente come il Dingo anche il Basenji è cresciuto con le popolazioni indigene e si è distinto come compagno nella caccia, come cane da riporto, da punta e da inseguimento, e proprio per questo suo essere al tempo stesso selvatico e compagno dell’uomo fu considerato un anello intermedio tra il lupo e il cane domestico, e lo dimostrano anche alcune leggende che tra poco conosceremo.
Una delle prime storie mitologiche sul suo conto riguarda proprio il rapporto con il popolo indigeno del Congo e la sua abilità di cacciatore. Si diceva che il Basenji fosse talmente tanto veloce nella corsa che nessun uomo era in grado di stargli dietro e per questo gli venivano legati al collo dei collari rudimentali, con delle campanelle o dei piccoli ossi all’interno di cupoline di legno, per sapere sempre dove il cane fosse, e dove avesse catturato la preda, quando l’occhio dell’uomo non riusciva più a scorgerlo.