Sessantasette gatte sopravvissute alla sperimentazione, ma infettate: è il nuovo, triste, bilancio degli esperimenti condotti ai danni degli animali. Questa volta il doloroso test, serviva a valutare l’efficacia del vaccino contro il FIV, o immunodeficienza felina. Ad appena un anno di vita, alle cavie prescelte è stata fatta una iniezione che conteneva un virus simile a quello che provoca l’AIDS nella specie umana e tutt’oggi continuano ad avere il battere nel corpo. L’infezione, comunque, non è trasmissibile all’uomo. In pratica chiunque può tenerle in casa e non ammalarsi, ma per loro la situazione è differente: il sistema immunitario si indebilosce sempre di più e un banale raffreddore rischia di essere fatale.
Sono cresciute nello stabulario dell’Università di Pisa, ma ora dopo tanto tempo trascorso in gabbia a subire prelievi ed esami vari, saranno reintegrate. La loro muscolatura così potrà ristabilirsi e potranno correre, arrampicarsi e giocare con altre persone. Per sei mesi, dovranno stare in un rifugio al sicuro che permetterà loro anche di superare il duro processo di riabilitazione, poi saranno affidate alle famiglie che le vorranno tenere. Il progetto è curato dalla LAV, la Lega anti vivisezione e da I-Care Italia.
Una situazione che colpisce non soltanto gli animalisti, ma che evidenzia come il problema delle cavie da laboratorio non sia legato esclusivamente al Belpaese, ma anche in America e nel resto d’Europa, sembra che il fenomeno, nonostante le campagne di dissenso, sia in continuo aumento. Secondo gli ultimi dati resi noti dal Ministero della Salute, riguardo al triennio 2004-2006, solo in Italia a scopo sperimentale sono state utilizzate ben 2.735.887 cavie tra ovini, ratti, pesci e altre specie. Si tratta di 911.962 animali all’anno e di 2800 cani e gatti, con una prevalenza di questi ultimi esemplari. La cosa peggiore è che molte volte i vaccini non vengono messi in vendita o subiscono dei pesanti fallimenti, con rischi elevatissimi per la salute di tutte queste specie.
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