Dalla città di San Francisco in America arriva una notizia che fa storia e fa riflettere: è in discussione una legge che potrebbe vietare la vendita di qualsiasi “pet” nella città. Per pet si intendono gli animali domestici, tra cui possiamo annoverare gli oramai immancabili cani ai gatti o i criceti e i pappagallini.
Il motivo è serio ed in favore degli animali stessi: combattere la piaga dell’abbandono.
Philip Gerrie è uno degli autori della legge, ha spiegato:
Da Cartesio in poi è diventata comune nella cultura occidentale l’idea che i pesci e gli altri animali non abbiamo sentimenti, non soffrano e che noi possiamo fare nei loro confronti tutto quello che vogliamo. Li trattiamo come se fossero beni di largo consumo.
Se si analizza la questione con queste parole non si può che considerare l’idea di Gerrie in maniera propositiva, se poi si considera anche la situazione della città californiana per quanto riguarda il poco etico business dei pet allora non si può dargli torto. Il giro d’affari offre numeri spaventosi: decine di milioni di dollari, ritmi industriali tale da ledere ogni diritto alle povere bestie in questione.
Ci si chiede dove sia finito il valore affettivo, sembra che gli animali siano stati sostituiti al pari di merci di cui si pensa solamente ad un fattore economico. Gli allevamenti sembrano delle sorte di catene di montaggio, i padroni trattano gli animali come soprammobili da abbandonare quando annoiano o passano di moda.
Un’idea che ha due facce, innanzitutto non vengono considerati tutti gli animali non da compagnia, cioè destinati alla macellazione per finire nelle tavole dei cittadini. In secondo luogo la legge potrebbe portare ad un effetto boomerang costringendo gli allevatori che sfruttano il commercio nella città di San Francisco ad abbandonare, o ancora peggio sopprimere, i propri cani non ritenuti più una fonte di guadagno.
L’idea alla base è buona, bisognerebbe però pensare anche alle famiglie che trattano bene gli animali domestici, non bisogna mai fare di tutta un’erba un fascio.