La storia che vi racconto oggi viene dagli Stati Uniti e descrive le disavventure, fortunatamente a lieto fine, di Sophia, una femmina di pit-bull, prossima all’eutanasia in quanto ritenuta incomprensibilmente un animale aggressivo e pericoloso.
Il pit-bull in questione fino a poco tempo fa si trovava in un rifugio. Ci era finita perché abbandonata dai suoi precedenti proprietari, se pur a malincuore. Sophia infatti sin da cucciola e fino ai 3 anni di vita era vissuta in una famiglia amorevole e con bambini, dimostrandosi, attenta, premurosa, giocosa, tutt’altro che aggressiva e pericolosa. Purtroppo però un trasloco a Los Angeles in un condominio dove non erano ammessi Pit Bull ha segnato la sua vita: i proprietari hanno lungamente cercato una sistemazione e non riuscendo, sono addirittura arrivati a tenere il cane in macchina la notte e di giorno per quanto possibile. Ma era chiaro che non si trattava di una soluzione sostenibile per l’adorabile Sophia per la quale si sono aperte a quel punto le porte di un rifugio, nella speranza di trovargli una nuova casa.
Non c’è stato però nulla da fare: dopo 66 giorni il cane, giudicato aggressivo ed inavvicinabile a tal punto da non riuscire neppure a vaccinarlo, veniva avviato al trattamento dell’eutanasia. Nel suo ultimo giorno di vita però Sophia viene notata da Annie Hart della Bill Foundation , che decide di dare una nuova possibilità all’animale, mettendola alla prova. La libera e la porta in uno spazio protetto del canile. Qui Sophia, ringraziando la nuova amica comincia a correre felice e a riempire la donna di coccole e di baci.
A quel punto si decide di metterla nelle mani di un istruttore cinofilo per valutarne l’effettiva pericolosità: la pit bull in questione contornata di attenzioni ed affetto in due giorni si dimostra ciò che in realtà è: un cane affidabile, equilibrato e giocoso. Niente più eutanasia dunque, ed in 15 giorni, senza l’etichetta di cane aggressivo ed inavvicinabile viene adottata da una nuova famiglia ed ora, come di evince dalla foto, vive felice e contenta.
Per fortuna in Italia non è più possibile vietare la presenza di un animale domestico in condominio, ma questa storia ci racconta anche come non si può giudicare un cane dalla razza e valutarne la pericolosità senza conoscere la sua storia personale. Di certo Sophia appena giunta nel rifugio avrà dimostrato un atteggiamento anomalo, ma solo per paura: chi non lo sarebbe se strappato dalla propria famiglia venisse rinchiuso prima in una macchina e poi in una gabbia?
La storia e la foto di Sophia sono tratte dal sito della BillFoundation.