Iguana, la lucertola che viene dal Sudamerica

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Le iguane sono rettili simili alle lucertole, anche se sono molto più grandi! Questi animali possono essere allevati in casa come animali domestici all’interno di appositi terrari. Le iguane sono originarie delle foreste tropicali dell’America Centrale e Meridionale, e passano quasi tutta la loro vita sopra ai grandi alberi e scendono a terra solo per spostarsi, accoppiarsi e deporre le uova.

L’iguana più diffusa in Italia è l’iguana iguana, nota anche come iguana verde; se decidete di comprare questo animale ricordate che, se sul momento vi sembra una piccola lucertola, da adulta diventerà lunga circa 1,5 metri e supererà i 5 chilogrammi di peso, quindi siate veramente sicuri di volerla allevare. Una volta diventate adulte le iguane svilupperanno una cresta sul dorso molto più evidente negli esemplari maschi, e potrebbero manifestare una certa aggressività che si paleserà con morsi e movimenti violenti della coda.

Il terrario nel quale la vostra iguana soggiornerà è molto importante, perché dovrete cercare di riprodurre il suo habitat naturale; la prima caratteristica che deve avere è una grandezza consona all’animale che state per ospitare, quindi acquistate terrari le cui misure partono dai 2,50 di altezza e di larghezza, per circa 1,50 di profondità. Adesso potete pensare all’“arredamento”; i primi oggetti di cui dotare il rettilario sono delle lampadine per creare delle zone di calore di cui ha bisogno l’animale, avendo l’accortezza di schermarle con del plexiglass per evitare bruciature all’iguana.

Chirurgia estetica animali domestici: da dicembre vietato tagliare coda e unghie per abbellire cani e gatti

interventi estetici cani e gattiI barbari interventi estetici cui vengono sottoposti ogni anno cani e gatti saranno presto fuori legge nel nostro Paese. A dicembre dovrebbe infatti essere approvata una proposta di legge che prevede, tra le altre cose, proprio il divieto di sottoporre a vere e proprie torture chirurgiche gli amici a quattro zampe pur di renderli esteticamente più gradevoli o peggio modificarne l’aspetto in vista dei concorsi di bellezza. Una pratica molto diffusa che, è proprio il caso di dirlo, era ora venisse proibita per tutelare cani e gatti da operazioni chirurgiche non necessarie.

Un esempio su tutti? L’asportazione chirurgica delle unghie dei gatti, effettuata da proprietari incoscienti che pur di salvare il divano (basterebbe insegnare al gatto l’uso del tiragraffi) di casa dalle grinfie del micio lo sottopongono a questo intervento, che non solo è innaturale e priva il gatto di una parte fondamentale del suo corpo, ma è anche tremendamente doloroso. Per non parlare degli effetti psicologici devastanti: il gatto, infatti, tramite le unghie fa le fusa, esprime affetto, marca il territorio, lasciando traccia del suo passaggio.

Il Cocker, il cucciolo agitato e dagli occhioni dolci

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Esistono due varietà di Cocker, il Cocker Spaniel Inglese, che vediamo anche nelle foto della Gallery, e il Cocker Americano. Ci concentriamo innanzi tutto sul primo, visto che il Cocker Americano nasce attraverso accurate selezioni del Cocker Spaniel, apriremo una piccola parentesi finale su di lui e sulle sue peculiari caratteristiche.

Il Cocker Spaniel ha orgini spagnole, proprio come lascia intendere il nome. Venne allevato in Francia e in Inghilterra almeno sei secoli fa, e in un attimo, questo cane così espansivo e affettuoso divenne molto apprezzato e ammirato, e si guadagnò il nome che porta, Cocker, che deriva da woodcook, il nome inglese delle beccacce. Divenne una vera e propria razza nel Cinquecento e nel Settecento se ne identificavano anche due qualità ben definite: lo Spaniel di terra, che cacciava nella brughiera e nel bosco, e lo Spaniel d’acqua, utilizzato nei territori acquitrinosi. La personalità dello Spaniel lo rende così particolare che in molti si sono chiesti come i cacciatori potessero sopportare e servirsi di un cane così agitato per la caccia, attività che richiede silenzio e abilità nei movimenti. Ci sono diverse spiegazioni.

Il Birmano: il gatto venerato dai monaci buddisti

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Il Birmano, detto anche gatto sacro di Burma o Birmania, discende dai gatti venerati come dei dai monaci buddisti, i quali credevano che l’anima del defunto si reincarnasse in gatto; deve la sua pelliccia lunga e setosa all’incrocio tra il Siamese e il Persiano bianco.

Il gatto Birmano possiede una testa rotonda, con ossatura robusta, guance larghe, bocca forte e abbondanti vibrisse; anche il corpo è piuttosto massiccio, con zampe corte e forti. Gli occhi sono di un bellissimo colore blu, intenso e brillante. Il mantello presenta un pelo molto folto sul collo e sulla coda, è ondulato sul ventre, sui fianchi e sul dorso.

Collari elettrici, vietati dalla Cassazione

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La Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente a favore degli amici animali: questa volta lo fa con la sentenza 15061 del 13 aprile 2007, in relazione all’uso dei collari elettrici. I collari elettrici, chiamati anche antiabbaio, sono degli strumenti che contengono all’interno un principio elettronico, in grado di dare una scossa elettrica all’animale che lo indossa: la scarica elettrica può essere azionata dal padrone attraverso un teecomando o autonomamente quando il collare rileva un movimento brusco del collo, come accade appunto quando il cane abbaia.

La Corte di Cassazione ha tutavia stabilito che l‘uso del collare antiabbaio, rientra nella previsione del codice penale che vieta il maltrattamento degli animali in quanto provoca uno stato di sofferenza nell’animale. Nella motivazione si legge che l’uso del predetto tipo di collare, costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all’articolo 727 c.p.

Tale articolo, ricordiamo, punisce ogni comportamento produttivo nell’animale di sofferenze, che non trovino giustificazione nell’insuperabile esigenza di tutela non altrimenti realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili. Nel caso di specie si tratterebbe unicamente di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell’animale che possono trovare invece adeguata correzione con trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento.

Animal sex, la prostituzione che sfrutta i cani e le galline

animal sexLa libertà è un valore irrinunciabile. Anche libertà di trasgredire, certo. Ma dove si ferma la nostra libertà? Risposta scontata, forse banale, ma tremendamente vera: laddove intacca quella degli altri. Finchè si tratta di persone consenzienti che si divertono un po’ come gli pare, senza ledere nessuno, contenti loro ci viene da dire. Ma quando, ad esempio, si costringono animali innocenti a soddisfare le perversioni sessuali a domicilio, dire che si tratta di una crudeltà è riduttivo.

Lo chiamano animal sex, ovvero la prostituta con al seguito il cane. Quando va bene solo il cane. Ma è stata trovata anche una gallina. E non parliamo dei conigli torturati con i tacchi a spillo, in quello che viene definito trampling legato alla zoofilia (crusching e squishing, pratiche che sono state dichiarare illegali in America proprio per le sevizie praticate sugli animali, spesso uccisi e filmati dalle telecamere). Stavolta però non siamo negli Usa, non siamo nei trasgressivi Paesi Bassi. Siamo nella cattolicissima e perbenista Italia, la tutta casa, scuola e chiesa.

Siberian Husky, il cane da slitta

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Il nome di questo cane deriva da quello del popolo del freddo nord, gli Eschimesi, e si diffuse in Alaska, dove subì variazioni passando da Esky, a Eskimo, fino a diventare quello che tutti noi adesso conosciamo: Husky. La razza è stata allevata per più di tremila anni dal popolo Inuit della Siberia, che lo ha reso un cane perfetto per la cura delle mandrie di renne e il traino delle slitte. L’Husky è stato sempre apprezzato per la sua forza, la potenza nel traino, la sicurezza, la concentrazione nel lavoro e una resistenza che è sempre sembrata illimitata.

Oggi l’Husky è un cane molto dibattuto. Alcuni lo definiscono amabile e gentile, un cane da compagnia ideale, che ama i bambini e la famiglia, mentre altri ritengono che sia un cane a cui non piacciono affatto i bambini, che crea problemi per la sua totale incapacità a stare con persone che non siano i suoi padroni e che ha molta difficoltà a conviere con cani della sua specie e anche con altre razze. Risulta comunque per tutti un animale socievole, semmai molto particolare, caratterizzato da un fortissimo senso del territorio.

L’alimentazione dei ratti

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Ci siamo: avete deciso di accogliere un ratto nella vostra casa, avete allestito per lui una gabbia degna di un principe, e ora è arrivato il momento di pensare alla sua dieta. I ratti sono animali onnivori e questo vuol dire che devono mangiare un po’ di tutto, comprese le proteine. Per prima cosa bisogna sfatare il mito del mix dei semi per roditori; quelli possono andare bene per i criceti, ma non per i ratti, perché sono troppo grassi e poveri di nutrienti essenziali: questo tipo di roditore ha bisogno anche di frutta e verdura fresca e di proteine.

L’ideale sarebbe acquistare il mangime specifico per i ratti, composto da una miscela di semi, fiocchi di cereali e di pellet, al quale va aggiunto anche frutta, verdura e poi pasta, riso e pane. Un particolarità alimentare dei ratti è che sono neofobici, cioè quando vedono un cibo nuovo lo assaggiano in piccole quantità prima di decidere che va bene. Tra i cibi migliori per i ratti ci sono le verdure: le insalate, che devono essere lavate e asciugate molto bene, le carote cotte o crude, i peperoni, i pomodori, il sedano e i finocchi; la pasta cruda o cotta, della quale i ratti sono golosissimi, facendo attenzione a non condirla con troppi grassi, il pane, meglio se integrale.

Anche la frutta è importante nella dieta dei ratti, soprattutto quella dolce: quindi, sì a banane, pere, mele e fragole, no agli agrumi perché possono far insorgere dei tumori. Via libera anche a biscotti integrali, fieno, avena, crusca ed erba medica.

Manto lucido: piccoli accorgimenti quotidiani

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Si potrebbe dire che il pelo è lo specchio della salute del nostro cane. Per scoprire se il nostro piccolo amico è in salute, occorre infatti prestare attenzione al suo manto. Bisogna innanzitutto guardare se vi sono delle perdite di pelo (sia locali sia generalizzate), opacità, arrossamenti cutanei o forfora.

Per aiutare il cane a sfoltire gli eccessi di pelo ed a donargli un bel manto lucido e curato, spazzolatelo spesso, anche quotidianamente se il cane è a pelo medio-lungo, procedendo nel verso del pelo e cercando di raggiungere la parte più profonda del manto, il così detto sottopelo. Prestate sempre attenzione a non traumatizzare la cute: quindi non bisogna calcare troppo la mano, un passaggio deciso con la spazzola fa certamente bene al nostro amico, mentre uno sfregamento troppo vigoroso potrebe creare delle lesioni o arrossamenti.

Occorre inoltre ricodare che una moderata perdita di pelo è fisiologica, come lo è il suo accentuarsi nei cambi di stagione primaverile e autunnale (quella che viene chiamata muta). Se però la muta dovesse rivelarsi troppo lunga o trppo abbondante, con diagio sia per l’animale che per il padrone, è consigliabile rivolgersi la veterinario di fiducia: potrebbe infatti trattarsi di intolleranze o presenze parassitarie, o ancora mancanze vitaminiche, in ordine alle quali potrebbero essere somministrati integratori specifici.

Animali domestici, vittime innocenti di separazioni e divorzi

animali trauma divorzio proprietariLa separazione e il divorzio dal coniuge o dal convivente sono momenti difficilissimi nell’esistenza di una persona. Se poi ci sono di mezzo figli il rischio di provocare traumi familiari è altissimo. Ma che dire degli animali domestici? Forse appare difficile pensare a cani e gatti in un momento simile della propria vita, ma fanno anch’essi parte della famiglia. E soffrono la perdita di un membro della casa. 

La morte del padrone o l’allontanamento di un familiare provocano nel cane e nel gatto lo stesso genere di trauma, perchè significano entrambi la stessa cosa per l’animale: la perdita di un punto di riferimento importante, cui dare e da cui ricevere attenzioni, affetto e amore. Molto spesso quando  ci si separa, il cane o il gatto sono ricordi troppo dolorosi, ci rammentano quando li abbiamo scelti insieme al nostro partner. Ma abbandonarli non è una soluzione. E neanche regalarli a qualcun’altro. Nè lo è escluderli completamente dalla vita dell’uno o dell’altro coniuge.

Chow chow, dall’Oriente con furore

Chow_chowLe origini del Chow Chow si perdono davvero nella notte dei tempi, visto che è sicuramente uno dei cani più antichi del mondo e la sua prima raffigurazione risale al 150 a.C., durante il dominio della dinastia Han. Il Chow Chow è originario del territorio nordasiatico, non se ne conosce la provenienza precisa, che comunque è tra la Cina settentrionale, la Mongolia e la Siberia. Anche il nome contribuisce a raccontarne la storia, che lo ha reso un cane serio e duro. Mentre alcuni sostengono che Chow Chow indichi le cianfrusaglie che venivano portate in nave dall’Asia all’Europa, per altri invece il termine chow indica cibo, in cantonese. Il cane infatti veniva mangiato, e anzi, le sue carni tenere erano molto apprezzate, e la pellicia venduta. Destino infame per un cane nato in una terra in cui i cani sono davvero un piatto prelibato.

Il Chow Chow è arrivato in Europa, in Inghilterra per la precisione, alla fine del 1800, e grazie sempre alla Regina Vittoria, che abbiamo nominato più volte parlando di razze canine, e che infatti era soprannominata “la Regina dei Cani”, proprio per la sua passione per tutti i cani, grazie a lei il Chow Chow venne conosciuto e apprezzato, e agli inizi del ‘900 portato anche negli Stati Uniti. Nel 1906 la razza venne riconosciuta.

Topolino bianco, il più conosciuto tra i roditori

topolino bianco

Il nome scientifico del topolino bianco è mus musculus albino, denominazione con la quale si indica un piccolo roditore lungo circa 5 centimetri, con una coda lunga più o meno lo stesso. Sono animali notturni, quindi abitualmente dormono di giorno e sono attivi durante la notte.

I topolini bianchi possono essere tenuti in casa in una gabbia di plexiglass chiusa; non vanno bene quelle con le sbarre usate di solito per i criceti, perché i topolini bianchi sono molto piccoli e potrebbero passare attraverso le sbarre. Sul fondo va disposta una lettiera fatta di segatura e legnetti: assolutamente da evitare la sabbia igienica per gatti.

La gabbia deve essere il più grande possibile e deve essere arredata con la classica ruota da criceti, da piccoli appoggi sui quali il topolino possa arrampicarsi e da legnetti con i quali i piccoli possano rifarsi i denti. Nella gabbia si devono sistemare anche delle strisce di giornale o di fazzoletti di carta non profumata né colorata grazie alla quale l’animaletto potrà farsi il nido. La gabbia va sistemata in un posto non soleggiato e lontana dalle correnti d’aria; la lettiera va cambiata due volte alla settimana.

Il pesce neon

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Da sempre uno dei pesci di branco più diffuso nei nostri acquari, il pesce Neon (nome scientifico Paracheirodon Innesi) deve il suo nome alla banda laterale luminescente del suo corpo.

Si tratta di un pesce noto soprattutto per la tendenza a radunarsi in branchi e nuotare all’unisono, formando così un specie di onda colorata molto suggestiva. Questo comportamento si ha specialmente nei primi tempi di adattamento e in caso di pericolo.

Il Neon presenta un corpo affusolato con base di colore grigia: a questa si aggiungono una banda rossa nella parte ventrale del pesce fino a circa metà del corpo e una banda luminescente nella parte centrale. Vive prevalentemente nelle acqua scorrevoli tipiche delle zone amazzoniche, preferendo acque acide (è stato ritrovato in natura in acque con ph tra il 5.0 ed il 7.0) e tenere, con temperature oscillanti tra i 22 e i 26 gradi e con luce non troppo forte. Gli anni di allevamento ne hanno aumentato la tolleranza a valori diversi, soprattutto per quanto riguarda la durezza, anche se è sempre consigliabile non discostarsi troppo dai valori tipici del suo biotopo.

I gatti della Sapienza, un futuro precario

colonia gatti sapienzaAll’Ateneo La Sapienza di Roma i gatti occupano ormai da molto tempo un posto d’onore e sono un po’ le mascottes della rinomata università. Da circa dieci anni, infatti, una colonia di felini è ospitata alla Sapienza, grazie all’idea di un professore di statistica, Alighiero Erba.
E’ proprio lui ad essersi sempre preso cura dei gatti, avvalendosi del prezioso aiuto di un’altra professoressa gattara, Francesca Balboni.

Questa colonia ha rappresentato molto per i gatti della capitale. In tanti, abbandonati nei pressi della colonia, sono stati curati, sterilizzati, sottratti alle grinfie dei cani dei punkabbestia e soprattutto amati. Decine e decine hanno trovato una casa, adottati dagli studenti, dai professori o semplicemente da amanti degli animali. La colonia, però, è oggi a rischio. I due professori che se ne occupano sono infatti andati entrambi in pensione quest’estate.