Ancora una triste storia di maltrattamenti sugli animali: questa volta siamo a Montemarciano in provincia di Ancona. Le guardie zoofile dei Nuclei di Vigilanza hanno infatti scoperto che un pensionato deteneva il suo cane di razza pastore maremmano in condizioni critiche. Il povero animale era infatti detenuto all’interno di una capannina buia, grande solamente 1,5 metri per 4 metri. Una condizione non compatibile certamente nè con la stazza del cane, nè con le sue esigenze di vita.
In uno spazio così angusto infatti il povero animale non poteva muoversi, nè giocare, nè accucciarsi comodamente: inoltre l’animale era confinato nella capanna senza mai uscire, costretto a vivere tra i propri escrementi e, elemento ancora più angosciante, era costretto a nutrirsi degli animali morti nell’allevamento del proprietario. Il padrone del maremmano è stato immediatamente denunciato per maltrattamento di animale ed il povero cane, sequestrato, è stato condotto in una struttura in attesa della conclusione delle indagini.
Analoga sorte è toccata anche ad alcuni cani di Monsano, sempre nelle Marche, dove un uomo costringeva sette cani, tra cui tre cuccioli di poco più di un mese, a vivere in mezzo al fango, senza adeguati ricoveri e con l’acqua da bere putrida. Anche in questo caso sono scattate le manette ed una denuncia per maltrattamenti.
Si ricorda che nel nostro ordinamento il maltrattamento di animali è un reato, previsto dall’art. 544-ter con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. Il maltrattamento, come in questo caso, consiste non solo nella violenza di tipo fisico, ma anche in ogni atto di crudeltà, che è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abbietto o futile della condotta umana. Rientrano nella fattispecie le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità nel provocare sofferenza, secondo quanto stabilito dalla più recente Cassazione.