Già da diversi anni la microchippatura dei cani è una pratica obbligatoria per i proprietari. Si tratta soprattutto di una forma di tutela per l’animale, con il duplice scopo di evitare l’abbandono, e quindi di combattere il randagismo, e di portare il cane in un canile qualora dovesse perdersi. Ecco, perché l’Aidaa propone il microchip obbligatorio anche per i gatti.
La pratica dell’abbandono, anche se faremmo meglio a chiamarlo malcostume, non riguardo ahimè solo i cani, ma anche i gatti. Come rende noto l’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, infatti, ogni estate si contano circa 40 mila felini a rischio di ritrovarsi senza una casa, soprattutto i cuccioli. Spesso, infatti, vengono ritrovati fuori dai rifugi chiusi in anonimi scatoloni o peggio ancora nei cassonetti dell’immondizia. Ecco perché è importante che venga istituita l’Anagrafe felina nazionale suddivisa in anagrafi regionali.
Come spiega Aidaa:
Non c’è alcuna alternativa all’obbligo di microchippare il gatto cosi come avviene per i cani proprio per limitare il rischio di abbandono che purtroppo nei mesi estivi si somma a quello dei cani. Sono oltre 120.000 i gatti attualmente presenti nei rifugi, mentre circa un milione sono i gatti che vivono in colonia. Il fenomeno degli abbandoni è particolarmente grave nelle grandi città italiane.
L’istituzione dell’anagrafe felina suddivisa per regioni e del microchip obbligatorio anche per i felini, infatti, permetterebbe di tenere traccia di tutti i randagi presenti sul territorio, di controllare il fenomeno delle colonie feline e di sanzionare chi abbandona il proprio amico a 4 zampe senza il benché minimo scrupolo di coscienza. Il codice di identificazione abbinato al nome di una persona depositato nell’anagrafe felina, infatti, obbliga il proprietario di un animale a non dimenticare mai che verso il proprio fedelissimo ha non solo dei diritti, ma anche dei doveri. Primo, prendersi cura di lui e secondo, non abbandonarlo.
Via|AIDAA; Photo Credits|ThinkStock