Una vera e propria banda organizzata nel traffico di cuccioli fra l’Europa dell’Est e l’Italia, i quali venivano trasportati illegalmente e venduti nel Belpaese. L’organizzazione è stata sgominata dopo tre mesi di intercettazioni e pedinamenti ed ha portato al sequestro di duecento cani di poche settimane. L’operazione è stata condotta in varie regioni italiane dagli agenti di nuclei Nirda e Nipaf della Forestale e dalla squadra mobile della Questura di Torino. A coordinare l’azione, invece, è stata la direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica della stessa città.
Il traffico illegale di animali, negli ultimi anni, è diventato fonte di lauti guadagni per la criminalità organizzata che, con questo giro di soldi, riesce a raggiungere cifre se non pari molto vicine a quelle portate dallo spaccio di stupefacenti. In più i rischi sono differenti ed è molto più complesso essere scoperti. Ecco perchè purtroppo questo problema rischia di espandersi ulteriormente nei prossimi anni. Nel caso di questa banda, poi, la rete di complici era piuttosto lunga. A cominciare da veterinari compiacenti, che fornivano certificati sanitari spesso falsi, per confermare agli acquirenti la provenienza e la buona salute del cucciolo. I cani arrivavano, quindi, in Italia quasi sempre con passaporti falsi e microchip identificativi non ancora funzionanti, che poi venivano sistemati non appena varcato il confine con lo Stivale. Gli allevamenti e i negozi dove venivano venduti si trovavano quasi tutti tra il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia Romagna.
Al momento del blitz gli indagati, che sono almeno 27, tenevano in casa molte banconote, altri cuccioli e tutta la strumentazione necessaria a procedere con le falsificazioni dei documenti. Per questo le indagini si muovono su più fronti riguardo agli autori del fatto e spaziano fra il falso, la frode in commercio e il maltrattamento di animali. Si calcola che questo giro di affari abbia portato nelle tasche dei protagonisti, almeno duecentomila euro, ai danni di povere creature indifese.
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