Abbiamo visto come alcuni stati americani vogliono aiutare gli allevamenti intensivi togliendo la possibilità di girare video in essi, venerdì sera una giornalista del TG1, Roberta Badaloni, ha mostrato in un servizio la vita di un animale destinato a finire in un allevamento intensivo. Una vita con aspettative per nulla rosea.
La missione di questi allevamenti è quella di massimizzare la produzione ai costi minimi, gli attivisti del movimento “Oltre la Specie” già lo sanno e hanno aiutato a realizzare il reportage, collaborando con l’ausilio di telecamere nascoste.
Ne è emerso un quadro preoccupante, ritmi estremi comprese le “stalle modello”, mucche che si vedono sottrarre i vitellini che continuano a chiamare incessantemente contornate dalle solite irregolarità a cui nessuno vigila, magari chiudendo un occhio.
La giornalista ha intervistato inoltre il Dott. Enrico Moriconi – trovate l’intervista a questo indirizzo -, che partecipa anche ad una rubrica su GeaPress. Una lettrice le ha posto una semplice domanda: quanto dovrebbe vivere una mucca o perché vengono separati i vitellini dalla madre. Il Dott. Moriconi torna sulle affermazioni del servizio, oggigiorno gli animali nelle stalle soffrono come un tempo, potrebbero vivere fino a 40 anni però dal momento in cui producono meno latte vengono destinate ai macelli per aumentare i ricavi.
Non voglio convincere i lettori a diventare vegetariani o vegani, è una scelta molto personale, bisogna però ammettere che l’uomo nella sua evoluzione si è permesso di spremere degli esseri viventi a suo uso e consumo a volte solo per dello sporco danaro. Speriamo che vengano realizzati altri servizi sul tema per sensibilizzare ed informare l’opinione pubblica che spesso immagina la vita degli animali negli allevamenti intensivi come un qualcosa di naturale, non trovo per niente naturale separare una madre dai propri cuccioli e ridurre le sue aspettative di vita. Una mucca da allevamento vive finché produce ottimi dosi di latte, dieci anni circa, e gli altri trenta le vengono tolte senza farsi troppe questioni etologiche per il consumo dell’uomo.
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