Il rischio c’è ed è concreto: da martedì prossimo potrebbe essere riaperta la caccia ai lupi. Una vera e propria inversione di tendenza dopo 46 anni di protezione assoluta grazie alla quale si è riusciti a preservare la specie scongiurando l’estinzione.
La Conferenza Stato Regioni però potrebbe cambiare le carte in tavola rivedendo il piano nazionale di conservazione che prevederebbe anche l’uccisione dei lupi.
A lanciare un appello accorato rivolto al premier Gentiloni sono le diverse associazioni Enpa, Lac, LAV, Lipu e Lndc chiedendo di eliminare il paragrafo che intende ripristinare l’uccisione dei lupi.
Si tratta di una prospettiva gravissima, tecnicamente inefficace ed eticamente inaccettabile che rischia di far ricordare il Presidente del Consiglio Gentiloni come colui che, dopo 46 anni, ha riaperto la caccia ai lupi. Istituire la caccia al lupo è contro qualsiasi logica ed etica ambientale e rischia di rimettere in discussione lo stato di conservazione del lupo in Italia, anche attraverso un indiretto ma probabilissimo incentivo agli atti di bracconaggio contro la specie.
E sono molte le ragioni ricordate dalle associazioni per cui l’abbattimento dei lupi non può e non deve essere consentito. Considerando il fatto che da 46 anni i lupi sono specie particolarmente protetta, al momento non esistono neppure dati precisi o attendibili sulla popolazione di lupi in Italia.
Lo stato di conservazione del lupo potrebbe essere compromesso in modo irreparabile: inoltre non è possibile concepire abbattimenti realmente selettivi né calcolare gli effetti che restano imprevedibili. L’abbattimento dei lupi non risolverebbe i comportamenti predatori dei lupi, ma potrebbe anche aggravarli come è già accaduto in altri Paesi. Inoltre la riapertura della caccia causerebbe una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio, ma anche di “giustizia” privata nei confronti dei branchi.
L’intento resta quello migliorare la convivenza tra gli interessi umani e i lupi, ma senza ricorrere alla caccia.
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