All’affetto verso cani e gatti, frutto del ‘maledetto benessere’ e di un individualismo edonista, va preferita la responsabilità di mettere al mondo figli. C’è una nuova esternazione di papa Bergoglio, che non piacerà agli animalisti, giusto a un mese di distanza dal suo primo intervento quando aveva bocciato la gente troppo attaccata agli animali ‘che poi lascia sola e affamata la vicina’, e dopo aver scatenato polemiche per aver ricevuto circensi con un cucciolo di tigre e di pantera in cattività tenuti al guinzaglio. L’occasione stavolta è stata il convegno della diocesi di Roma sulla famiglia nella basilica di San Giovanni in Laterano durante il quale il pontefice ha risposto alle domande dei presenti.
Papa Bergoglio torna sull’argomento, a quanto pare a lui caro, ma che già ha scatenato le reazioni degli animalisti, di chi dedica tutte le attenzioni a cani e gatti. Chi li sceglie invece di fare figli, sceglie un affetto ‘programmato’, ‘non libero’:
E’ un individualismo che cerca anche il piacere, è edonista. Starei per dire una parola un po’ forte, ma la dico tra virgolette: quel “maledetto benessere” che ci ha fatto tanto male. Il benessere. Oggi l’Italia ha un calo delle nascite terribile: è, credo, sotto zero. Ma questo è incominciato con quella cultura del benessere, da alcuni decenni… Ho conosciuto tante famiglie che preferivano – ma per favore, non accusatemi, gli animalisti, perché non voglio offendere nessuno – preferivano avere due o tre gatti, un cane invece di un figlio. Perché fare un figlio non è facile, e poi, portarlo avanti… Ma quello che più diventa una sfida con un figlio è che tu fai una persona che diventerà libera. Il cane, il gatto, ti daranno un affetto, ma un affetto programmato, fino a un certo punto, non libero.
Il Papa ha così risposto alle domande nel corso di un convegno sulla famiglia nella basilica di San Giovanni in Laterano di Roma nel giorno stesso in cui ha ricevuto i circensi in Vaticano con un cucciolo di tigre e poi uno di pantera al guinzaglio con tanto di replica immediata di Carla Rocchi, presidente Enpa (Ente nazionale protezione animali) che ha scritto al Papa
Se la misericordia è compassione per l’infelicità di un altro vivente; se la misericordia è ciò che spinge ad agire per alleviare tale condizione di sofferenza, come ci ha insegnato il Santo di cui Ella ha deciso di portare il nome non ci dovrebbe essere riconoscimento alcuno per chi tale sofferenza alimenta: gli animali sono stati creati per vivere liberi, e non sotto un tendone.
Fonte w2.vatican.va
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