La Cassazione, sezione terza, ha stabilito un importante assunto con la sentenza n. 10190, secondo il quale i comuni devono impegnarsi affinchè i cani randagi non arrechino disturbo alle persone che si trovano per le vie cittadine: la suprema corte ha così statuito in seguito al ricorso presentato dal Comune di Roccamorfina in provincia Napoli, che in secondo grado si era visto assolvere dal pagamento del risarcimento per l’aggressione da parte di cani, di una signora anziana che passeggiava tranquillamente per le vie cittadine.
Nel ricorso del comune napoletano, la donna non sarebbe stata aggredita dall’animale ma sarebbe caduta autonomamente per il timore di essere aggredita, rompendosi di conseguenza il femore, versione che ovviamente non è parsa convincente alla Cassazione, che ha perfino stabilito che gli anziani o comunque i cittadini debbano poter circolare senza pericolo.
Sussistendo l’illecito, cioe’ l’indebita presenza sulla strada del cane randagio la peculiare debolezza e sensibilita’ della vittima che si e’ spaventata ed e’ caduta, per il timore di essere morsa dall’animale che le abbaiava contro, manifestando intenzioni aggressive, non rende il danno meno grave ed ingiusto. Le persone anziane debbono poter circolare sul territorio pubblico, senza essere esposte a situazioni di pericolo, ed in particolare a quelle che l’ente pubblico è espressamente obbligato a prevenire, quali il randagismo.
Si legge in un estratto della sentenza.
In realtà questa sentenza, pur accolta con plauso, non aggiunge nulla di più rispetto a quanto già era stato stabilito in passato con analoghe disposizioni legislative: già nel 2003 una pubblica amministrazione venne condannata per danni causati da cani randagi, in relazione al principio, oggi ripreso dalla Cassazione, secondo cui l’amministrazione risponde dei danni provocati da cani randagi, in applicazione del principio generale del neminem laedere ex art.2043 c.c.
Infatti la condanna sorge ogni qualvolta la PA ometta o trascuri di adottare i provvedimenti e/o le cautele idonee a rimuovere ed eliminare il potenziale pericolo rappresentato dai cani randagi, con i poteri attribuiti dalla legge e con le modalità oggetto della discrezionalità amministrativa.
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