Dopo tutto il trambusto fatto per liberare i Beagle di Green Hill, ecco, l’ennesima doccia fredda, ed arriva niente meno che dai veterinari italiani, chi se lo poteva mai aspettare? Sembra, infatti, che condividano la posizione dei centri di ricerca e della case farmaceutiche pro-vivisezione.
Marco Melosi, presidente dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, e Massenzio Fornasier, presidente della Società Italiana Veterinari Animali da Laboratori, infatti, hanno scritto al Presidente della Repubblica, definendo la liberazione dei Beagle come un episodio che travalica la legalità e la democrazia.
Come spiegano i veterinari italiani:
Sacrificare gli animali è necessario per salvaguardare la possibilità di proseguire nella conoscenza delle malattie che ancora affliggono gli animali e i cittadini di questo Paese e nello sviluppo di nuove terapie nelle quali i pazienti e le loro famiglie ripongono la speranza per il loro futuro.
Secondo i veterinari, infatti, saltare il passaggio dei test sugli animali e passare direttamente agli studi in vitro sull’essere umano è un passaggio potenzialmente pericoloso, con conseguenze difficili da stimare.
La sperimentazione animale, dunque, almeno a sentir loro, si rende necessaria, addirittura inevitabile, ma siamo proprio sicuri che sia così, che non esistano tecniche sostitutive? Eppure, secondo Equivita, che da anni coordina medici e scienziati contrari alla vivisezione, ogni specie animale è simile solo a se stessa. Questo significa che molti prodotti ritenuti innocui per una specie animale, possono essere velenosi per l’uomo e viceversa.
I veterinari italiani, forse, ignorano che ben il 92% dei farmaci risultati innocui sugli animali viene scartato durante le prove cliniche sull’uomo. Detto questo, la domanda, direbbe Lubrano, sorge spontanea, a fronte di una percentuale così elevata, è davvero utile la sperimentazione animale?
Oggi, inoltre si può contare su diversi metodi di ricerca alternativi, anche meno costosi, lo dimostrano i centri di ricerca e le aziende farmaceutiche, soprattutto all’estero, che operano in questa direzione. Fare ricerca senza animali è una realtà, ed è arrivato il tempo di piantarla con il business della vivisezione.
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