Tra gli attivisti di Green Hill, arrestati lo scorso 28 aprile a Montichiari dopo il blitz per liberare i beagle destinati alla vivisezione, c’era anche Beata Stawycka, un’istruttrice di nuoto polacca, residente da 15 anni in Italia, su cui ora pendono l’accusa di rapina impropria e la possibile richiesta di risarcimento danni (pari a 250 mila euro).
La donna ha trascorso 2 giorni in carcere per violazione di domicilio, ma la cosa più sconvolgente per lei non è stata tanto la detenzione forzata, quanto l’immenso silenzio che ha trovato entrando nell’allevamento di Green Hill, nonostante quello che stava accadendo, infatti, nessuno dei cani osava abbaiare. Quel 28 aprile, insieme agli altri attivisti, era riuscita ad oltrepassare la recinzione e a vedere con i propri occhi gli animali rinchiusi nelle gabbie.
Come ha raccontato:
C’erano file interminabili di cellette lungo corridoi bui e maleodoranti. Non ho visto recipienti con acqua. Molti cani avevano tagli lungo tutta la pancia che arrivavano fino al collo, come se fossero stati appena operati.
Non è stata tanto quella visione ad impressionarla, quanto l’assenza totale di rumore, nemmeno un guaito, nonostante lo scompiglio all’interno del campo. E’ stato straziante per la donna ritrovarsi di fronte a degli esserini incapaci di reagire con spavento o curiosità rispetto a quello che stava accadendo, proprio lì, così vicino a loro.
Mentre fuggiva è stata arrestata da un carabiniere, anche se non aveva sottratto alcun animale. La donna ora è tornata a casa, ma si chiede come mai nessuno si sia occupato di verificare le condizioni di salute dei cani, in evidente stato di alienazione. Qualcuno, dovrà spiegarcelo prima o poi…
Intanto, appuntamento al prossimo 8 maggio, con la Giornata Mondiale contro Green Hill e la vivisezione, iniziativa a cui aderirà anche il Coordinamento fermare Green Hill, e che cade alla vigilia dell’approvazione al Senato dell’articolo 14 sulla sperimentazione animale.
Via|Il Fatto Quotidiano; Photo Credits|Thinkstock