Nel XVII secolo la passione per i cani da caccia cresce a dismisura. Abbiamo già conosciuto la discendenza dai lupi e ci siamo tuffati in un breve excursus storico, adesso concludiamo questo viaggio nel mondo dei cani nella storia, concentrandoci prima sull’apprezzamento e sull’amore che l’uomo nutriva e nutre per questo fantastico animale, per poi arrivare a una nota triste quando si parla di guerra, proprio come accade per noi esseri umani.
Eravamo nel XVII secolo, in Francia per la precisione. Qui i vari Re Luigi avevano mute per la caccia, i famosi bianchi del re, che accompagnavano i sovrani nelle battute, con il loro fare elegante, proprio come tutta la corte che partecipava alla caccia. A parte questo ormai quello dei cani era diventato un mercato, c’erano scambi, vendite, gare canine, corse, e un po’ tutti si appassionarono a questo fantastico animale che da sempre racchiude in sè molte caratteritische diverse. E’ bello e amichevole, nobile e modesto, forte, fedele, intelligente. L’uomo ama il cane, e i nobili e i sovrani decidono di imprimerlo nella storia, attraverso i dipinti.
Molti notissimi artisti del passato hanno ritratto cani, sia con i loro padroni che in quadri che hanno portato fino a noi pezzi preziosi di storia. Ricordiamo Goya, Botticelli, Mantegna, Bosch, Rubens, Canaletto e molti altri, e i cani entrano anche a far parte della letteratura, grazie a uomini come Lorenzo de’ Medici e Shakespeare.
Le grandi battute di caccia, e quindi le mute di cani, scomparvero nell’Ottocento, dopo la ventata della Rivoluzione Francese e il consolidamento della democrazia in Inghilterra. Niente più sfarzi, ma solo gioia di condividere con i cani. Ogni cacciatore ne possedeva un paio, il Bracco divenne molto importante e proprio gli Inglesi selezionarono il Pointer, un cane che in futuro divenne poi molto famoso.
Vista la passione che tutti avevano per i cani, la cura con cui venivano trattati, gli incroci, e la nascita degli allevamenti, era sempre più forte la convinzione che il cane non dovesse essere solo utile e amico, buono per il suo scopo (caccia, guardia, compagnia), ma era necessario che fosse anche bello. Nel 1859, presso il palazzo municipale di Newcastle-on-Tyne, in Gran Bretagna, ebbe luogo la prima mostra canina. Vi parteciparono una cinquantina di esemplari, Pointer e Setter. Fino a quel momento però la genealogia e gli standard non erano molto importanti, ma questo durò ancora per poco. Nel 1873 venne fondato a Londra il Kennel Club Inglese, nacque il primo Libro delle Origini, che teneva conto di tutti i dati che appartenevano a determinate razze. L’American Kennel Club fu fondato nel 1884 e quello italiano prese vita invece nel 1898. Da allora le esposioni canine sono diventate numerose e famose in tutto il mondo, si arriva ad ospitare anche settemila cani e la popolazione reagisce con grande interesse.
Alla fine dell’Ottocento iniziarono a farsi sentire anche i movimenti zoofili, sempre in Inghilterra. Venne richiesta l’abolizione del taglio delle orecchie, usanza che veniva giustificata per i combattimenti, visto che le orecchie potevano essere una facile zona d’attacco e di presa per il cane nemico. Nel 1898 venne abolita questa pratica e i cani mutilati non vennero più ammessi alle esposizioni canine. Nello standard di alcune razze il taglio delle orecchie è comunque ancora adesso obbligatorio (Doberman, Boxer, Alano e altri), e va effettuato intorno ai 3 mesi di vita del cucciolo. Tutto ciò va considerato solo in ambito estetico, e se avete intenzione di far partecipare il vostro cane a mostre ed esposizioni, altrimenti le orecchie così come sono al cane non creano proprio nessun problema!
Giungiamo infine al Novecento, il secolo scorso. Il cane ormai era entrato ufficialmente a far parte delle famiglie, delle forze dell’ordine e non c’era differenza etica o sociale per avere un cucciolo in casa. Ma arrivarono le due guerre. La guerra è un periodo infausto per i cani, non solo per l’impiego che ne viene fatto nei campi di battaglia, anzi, forse i cani “soldato” pur rischiando la vita sono più salvaguardati. Nei paesi in cui c’è una guerra, come è accaduto per la Prima e la Seconda Guerra Mondiale in Italia, i cani soffrono tanti quanto le persone. Non c’è cibo per gli uomini, quindi gli animali non vengono sfamati; i padroni vanno in guerra, o scappano, e spesso non possono portare con sè i loro cani, che restano soli e vagabondi. Capita che diventino amici dei poveri, che vivono per strada, e che a volte sacrificano anche solo un po’ del loro cibo per un cucciolo.
Anche in queste situazioni ostili i cani però sanno distinguersi per la fedeltà e l’amore verso l’uomo. Dopo la disfatta russa, nel 1943, tra i fuggiaschi vi erano dei cani bastardi. Non avevano abbandonato nella fuga, nel rischio della vita, nella cattiva sorte, chi aveva gettato loro anche solo un tozzo di pane.
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