Ieri vi abbiamo parlato del rapporto negativo tra gli animali e una Cina antica, domani saremo nel 2011 e la Cina di cui vi parleremo oggi è una Cina diversa, la Cina del domani.
Come in Francia nel 1789 i nuovi cinesi iniziano una rivoluzione dicendo no alla carne di cane e di gatto, a Febbraio 2010 stava per essere approvata in Cina una legge nazionale che intendeva vietare la produzione ed il consumo della carne di questi due animali.
Era stato fatto un sondaggio online dove risultava che il 63,2% dei partecipanti si sono dichiarati contrari a questa nuova legge, un brutto messaggio da una Cina che successivamente è riuscita a crescere.
Può sembrare un controsenso ma la politica del cane unico è un segnale di crescita, vuol dire che per la prima volta nella storia la Cina inizia a pensare ad un animale come un possibile membro della famiglia.
Simile alla legge del figlio unico anche i cani sono regolati nel numero massimo per famiglia.
La notizia è di China Daily: “la municipalità di Shanghai sta per lanciare una nuova norma che autorizza il possesso di un solo cane per famiglia.”, dovuta alla classe media cinese si è innamorata dei cani.
Se prima si cucinavano solo finalmente qualcuno si riunisce per fermare il barbaro rituale sugli animali ritenuti da compagnia, la sensibilizzazione nasce da una campagna di Animals Asia Foundation associazione fondata dall’europea Jill Robinson con la missione di diminuire il consumo di carne e gatto in Cina.
Il potere della campagna mediatica nasce per volontà della nuova cina urbanizzata e occidentalizzata sempre più sensibilizzata verso gli animali da compagnia di stampo europeo e americano anche per la logistica con cui giungono ai mercati.
Cani e gatti vengono allevati come abbiamo visto in Francia oppure prelevati dall’asfalto, stipati per giorni in camion senza essere nutriti (intanto diventeranno carne da macello) per essere portati sui banchi ed uccisi, nella totale assenza di igienicità, davanti alla mamma che fa il petto di gatto per il marito e il figlio maschio.
Se una minoranza dei cinesi appoggia la rivoluzione pro-pet siamo sicuri che Ha Wenjin ne sarà entusiasta, insieme ai suoi millecinquecento cani.
La donna è simbolo dei cinesi animalisti, una volta abbandonato un prestigioso lavoro ha messo la sua vita a disposizione della Cina che finalmente si sta aprendo ad una cultura favorevole nei confronti degli animali, anche se la strada da percorrere a quattro zampe è ancora lunga ci aspettiamo un 2011 roseo.